Davide contro Pendejo: Ilegal Mezcal non le manda a dire
By Franz Foti
Viste anche le sue opinioni politiche, non ci stupirebbe vedere Donald Trump dichiarare a uno dei suoi comizi “molti nemici, molto onore”. Né di sentire qualcuno dal pubblico urlargli “Eres un Pendejo!” indossando una T-Shirt della Ilegal Mezcal.
Imprenditore spregiudicato, discusso personaggio tv e ultimamente anche politico emergente, il miliardario del Queens non ha certo mai fatto del politically correct la sua bandiera. E se le sue intemperanze verbali e le sue posizioni ultra-destrorse erano già note al grande pubblico nelle sue molteplici apparizioni televisive da ospite o da protagonista, la sua campagna per le primarie repubblicane alla presidenza degli Stati Uniti hanno ulteriormente messo in luce la sua visione del mondo non propriamente moderata.
Ed è stata proprio una delle sue ultime dichiarazioni a scatenare l’ira della comunità latina (e non solo) degli USA.
Durante il discorso in cui ha annunciato la sua candidatura a Presidente, infatti, Trump ha dichiarato:
“Gli Stati Uniti sono ormai diventati una discarica per i problemi altrui. (Applausi). Grazie. E’ la verità, e questi sono gli applausi delle persone migliori di questo Paese. Quando il Messico manda qui la sua gente, non manda i migliori. Non manda gente come voi. Manda gente piena di problemi, che porta da noi i suoi problemi. Portano droga. Portano crimine. Sono stupratori. E alcuni, immagino, sono brava gente.”
E’ chiaro che la cosa non ha suscitato grandi simpatie nella comunità latinoamericana verso il parrucchinatissimo Donald.
La notizia è arrivata all’orecchio di John Rexer, il padrone della Ilegal Mezcal, un piccolo brand che produce un’ottima qualità del celebre liquore d’agave di origine messicana.
Rexer, oltre a essere un imprenditore di successo a sua volta, è un sostenitore dei diritti civili ed un grande estimatore del Messico, dove ha vissuto per diversi anni. Quando durante una chiacchierata con un cameriere messicano, questi gli ha detto “Per fortuna non sono tutti come Donald Trump. Donald, eres un pendejo (Donald, sei uno stronzo)”, il patron della Ilegal Mezcal ha preso nota e non ci ha pensato due volte: nel giro di poche ore ha fatto tappezzare New York con questi manifesti.
Rexer ci ha preso gusto, anche notando che la risposta sui media tradizionali e sui social sta aumentando, e ha quindi deciso di espandere la campagna di affissioni: oltre a New York (dove il manifesto è appeso in oltre cento postazioni), potrete presto vedere il faccione del protagonista di The Apprentice anche a Los Angeles e Miami.
E c’è di più: il patron della Ilegal Mezcal ha anche messo in vendita sul suo sito una T-Shirt con la medesima grafica. Tutti i proventi verranno devoluti a alla NYSYLC, un’associazione che si occupa della difesa e della promozione dei diritti degli immigrati irregolari, in particolare dei più giovani.
Come andrà a finire questa vicenda? Oltre che molto intollerante, Trump è anche decisamente litigioso, e ha uno stuolo di avvocati assetati di parcelle al suo servizio. Se la campagna montasse ulteriormente (come in realtà speriamo) potrebbe anche decidere di fare causa a Rexer e alla Ilegal Mezcal, ma quest’ultimo non sembra molto preoccupato, anzi sta bellamente rilanciando la sua campagna su tutti i canali social della sua azienda, e trovando anche supporter.
Come dicevamo, infatti, non è la prima volta che questo marchio di Mezcal viene associato a battaglie riguardanti i diritti civili. Da sempre accompagnano il loro merchandising al claim “the only thing that should be Ilegal is Mezcal (l’unica cosa che dovrebbe essere Ilegal è il Mezcal)”, con cui hanno promosso e finanziato campagne in particolare a favore dei matrimoni egualitari. Il sostegno a questa causa ha avuto il suo apice nel 2012, quando in seguito alle famigerate dichiarazioni omofobe del capo della catena di fast food Chick-fil-A, John Rexer (giocando con il significato di cock, che è sia il gallo che il termine slang per l’organo sessuale maschile) fece circolare questi manifesti:
Non sappiamo come si evolverà questa vicenda, se si spegnerà a breve o se diventerà parte integrante del dibattito pubblico delle prossime settimane, ma quello che sembra evidente è una tendenza sempre più radicata negli Stati Uniti: i brand si ritengono ormai a buon diritto parte della discussione pubblica anche su argomenti teoricamente distanti da quello di loro provenienza. Anzi, sembra ormai che le opinioni “politiche” siano parte integrante dell’identità di molti marchi, nel bene e nel male.
Certo la cosa richiede una discreta dose di coraggio e di spregiudicatezza, perché ovviamente esporsi politicamente può portare al contempo simpatie e antipatie molto viscerali. Il rischio è anche quello di essere accusati di sfruttare cause così sensibili per fare pubblicità al proprio marchio. Ma John Rexer sembra non avere dubbi: “non mi faccio troppi problemi, quando sento di essere dalla parte giusta”, ha dichiarato a eater.com
Chissà in quanti in Italia sarebbero pronti a dire lo stesso? Ne parleremo di certo molte altre volte.